Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, [Roma], s.d.

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera preparata per il femminile consiglio.
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA
 
 TULLIA
 La dolce libertà che noi godiamo
 conservare si dee ma per serbarla
 da tre cose guardar noi ci dobbiamo.
510Da troppa tirannia,
 dalla incostanza e dalla gelosia.
 Il tirannico impero poco dura.
 Ciascun fuggir procura
 da un incostante cuore
515e sdegno fa di gelosia il furore.
 Onde, perché si serbi
 la cara libertà che noi godiamo,
 fide, caute, pietose esser dobbiamo.
 AURORA
 Incostanza non chiamo,
520se acquistar più vassalli io cerco e bramo.
 Nostro poter, nostra beltà risplende
 quando più adoratori
 ci recano in tributo i loro cuori.
 E se libere siamo,
525libere amar potiam chi noi vogliamo.
 CINTIA
 Ma usurpar non si deve
 i dritti altrui. Ma colle smorfie e i vezzi
 gl’uomini non si fanno cascar morti,
 per far alle compagne insulti e torti.
530Faccia ognuna a suo senno;
 ognuna si conduca come vuole
 finché la libertà goder si puole.
 TULLIA
 Il diverso parer, che nelle varie
 nostre menti risulta,
535pensar mi fa che utile più saria
 introdurre fra noi la monarchia.
 D’una sola il governo
 far si potrebbe eterno e in questa guisa,
 se una femmina sola impera e regge,
540tutti avranno a osservar la stessa legge.
 CINTIA
 Non mi spiace il pensier ma chi di noi
 esser atta potria
 a sostener la nuova monarchia?
 TULLIA
 Quella ch’ha più giudizio,
545quella ch’ha più consiglio,
 che sa con più prudenza
 il rigor porre in uso e la clemenza.
 AURORA
 L’impero si conviene
 a femmina che sappia
550con dolci di pietà soavi frutti
 in catene tener gl’uomini tutti.
 CINTIA
 Anzi a colei che fiera
 sul femminile soglio
 degli uomini frenar sappia l’orgoglio.
 TULLIA
555Facciam così, ciascuna
 si proponga di noi; ciascuna ai voti
 il proprio nome esponga e il trono eccelso
 indi a quella si dia
 che dai voti maggiori eletta sia.
 CINTIA
560Io l’accordo.
 AURORA
                         Io l’accetto.
 TULLIA
                                                A noi si porga
 l’urna e i lupini; ed io, perché la prima
 fui a proporre il nobile progetto,
 prima m’espongo e i vostri voti aspetto.
 CINTIA
 Tullia, mi spiace assai,
565ora il pensier comun vi sarà noto.
 Voi non avete avuto neanche un voto.
 TULLIA
 Ingratissime donne,
 l’invidia è il vostro nume
 e la vana ambizion vostro costume.
 AURORA
570Or si esponga il mio nome
 e vederete come
 meglio stimata io sia
 in virtù della dolce cortesia.
 CINTIA
 Ohimè signora Aurora,
575m’incresce il vostro duolo.
 Voi non avete neanche un voto solo.
 AURORA
 Comprendo la malizia,
 per cui fatta mi vien questa ingiustizia.
 CINTIA
 Presto, presto, finiamola,
580vuo’ ballottare anch’io.
 (Questa volta senz’altro il regno è mio).
 AURORA
 Signora Cintia cara,
 per voi non si dà voto;
 il bossolo del sì per voi è vuoto.
 CINTIA
585Femmine sconsigliate,
 è un torto manifesto che mi fate.
 TULLIA
 Per quello che si vede e che si sente,
 niuna donna acconsente
 all’altra star soggetta;
590a ognuna piace il comandar sovrano
 e soggiogarle si procura invano.
 AURORA
 (Procurerò con l’arte
 il dominio ottenere).
 CINTIA
                                         (A lor dispetto
 il regno occuperò).
 TULLIA
                                     (Con l’arte usata,
595senza mostrar orgoglio,
 giungerò forse ad occupare il soglio).
 Or si sciolga il consiglio;
 vada ciascuna a essercitar l’impero
 sopra i vassalli suoi
600e libero il regnar resti fra noi. (Tutte partono fuorché Tullia)
 
 SCENA II
 
 TULLIA sola
 
 TULLIA
 Com’è possibil mai
 che possiamo regnar noi donne unite,
 se la pace voltar ci suole il tergo
 quando siamo due donne in un albergo?
605Prevedo che non molto
 questo debba durar dominio nostro.
 Ma pria ch’ei ci fia tolto,
 vorrei un giorno solo
 assoluta regnar. Ah questa sete
610di comandar è naturale in noi
 e ogni donna ha nel capo i grilli suoi.
 
    Fra tutti gli affetti
 d’amore e di sdegno,
 l’affetto del regno
615prevale nel cuore;
 la brama d’onore
 frenar non si può.
 
    Avere soggetti
 quegl’uomini alteri,
620che soglion severi
 le donne trattar,
 diletto bramar
 maggiore non so.
 
 SCENA III
 
 Giardino delizioso alla riva del mare, il quale formando un seno nel lido offre comodo sbarco ai piccoli legni.
 
 RINALDINO, poi GIACINTO e poi GRAZIOSINO
 
 RINALDINO
 
    Queste rose porporine,
625ch’ho raccolte pel mio bene,
 sono tutte senza spine,
 come senz’amare pene
 è l’affetto ch’ho nel sen.
 
 GIACINTO
 
    Questo vago gelsomino,
630che al mio ben io reco in dono,
 candidetto com’io sono,
 semplicetto, tenerino,
 s’assomiglia al mio bel cor.
 
 GRAZIOSINO
 
    Questo caro tulipano
635vuo’ donarlo alla mia bella;
 qualche cosa ancora ella
 forse un dì mi donerà.
 
 A TRE
 
    Vaghi fiori, dolci amori,
 bella mia felicità.
 
 SCENA IV
 
 Vedesi dal mare accostarsi una barca ripiena d’uomini.
 
 RINALDINO
640Osservate, compagni, ecco un naviglio
 che verso noi s’avvanza.
 Mirate sulla prora i naviganti
 volontari venir schiavi ed amanti.
 GIACINTO
 Il regno delle donne
645è circondato dalla calamita
 che l’uomo di lontan tira ed invita.
 GRAZIOSINO
 E questa calamita
 non è già una opinione
 ma una falsa ideal supposizione.
 A TRE
 
650   A terra, a terra,
 qui non vi è guerra
 ma sempre pace
 goder si può.
 
 SCENA V
 
 AURORA, CINTIA e le donne tutte, armate di strali ed aste, corrono alla riva per arrestare i naviganti
 
 CINTIA
 Olà, voi che venite
655a questi del piacer lidi felici,
 dite, venite amici ovver nemici?
 Ma voi non rispondete.
 Scendere non potrete.
 E sel faranno, voi donne arrestateli
660e senza discrezione imprigionateli.
 CORO (In cui cantano anco Giacinto e Graziosino)
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla nuova servitù.
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono e la barca retrocede)
 
 SCENA VI
 
 RINALDINO e GIACINTO
 
 GIACINTO
665Amico, vi son schiavo.
 RINALDINO
                                           E voi non siete
 con le donne partito?
 GIACINTO
                                         Anzi nascosto
 quindi mi son, per non andar con loro,
 mentre la libertade è un gran tesoro.
 RINALDINO
 Questo tesor l’abbiam sagrificato
670alla legge fatal del dio bendato.
 GIACINTO
 Dunque noi siamo quelli
 che il cuor sagrifichiamo ai visi belli!
 Misera gioventù, misera gente,
 nata per divertirsi e non far niente!
 RINALDINO
675Impiegati noi siamo
 nell’amar, nel servir le nostre belle.
 GIACINTO
 Bell’impiego da eroi,
 bell’impiego daver, degno di noi!
 E non ci vergogniamo? E non sappiamo
680che le donne son tutte,
 sian belle o siano brutte,
 crude tiranne e fiere,
 nostre nemiche altere,
 e che l’uomo tener vinto ed oppresso
685è il trionfo maggior del loro sesso?
 RINALDINO
 Ma non può dirsi inganno
 di donna la beltà.
 GIACINTO
 Anzi è una falsità
 quel volto che innamora;
690chi si liscia, s’imbianca e si colora.
 RINALDINO
 E le dolci parole?
 GIACINTO
                                  Son lusinghe
 che scaltramente incantano;
 e le femmine poi di ciò si vantano.
 RINALDINO
 E i bei vezzi?
 GIACINTO
                            Con quei bei vezzi istessi,
695col riso accorto e scaltro
 cento soglion tradir un doppo l’altro.
 RINALDINO
 Ma il mio cor non consente
 il suo bene lasciare.
 GIACINTO
                                       Il vostro cuore
 orbato, affascinato,
700incantato, ammaliato,
 se a me voi baderete,
 dalla catena vi discioglierete.
 
    Quando le donne parlano,
 io lor non credo affé.
705Se piangono, se ridono,
 lo stesso è ognor per me.
 Io so che sempre fingono,
 che fede in lor non v’è.
 
    Lo so che siete amico
710voi delle donne assai.
 Ma quello ch’io vi dico
 purtroppo lo provai
 e se dir ver volete,
 direte: «Così è».
 
 SCENA VII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
715Ah purtroppo egli è ver! Parole e sguardi,
 che rendono gli amanti
 schiavi della beltà, son tutt’incanti.
 Ma come oh dio! ma come
 scioglier potrei dal cuore
720l’amorosa catena?
 La libertà mi sembrerebbe or pena.
 Quando un cor si compiace
 dell’amorosa face,
 sì facile non è mirarla spenta,
725liberarsene affatto invan si tenta.
 
    Nocchier che s’abbandona
 in seno al mar infido,
 quando lo brama, al lido
 sempre tornar non può.
 
730   Nel pelago amoroso
 resta l’amante assorto
 né più ritrova il porto
 da dove si staccò.
 
 SCENA VIII
 
 Camera.
 
 CINTIA con spada in mano, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 La vogliamo vedere. O regnar voglio
735o di tutte le donne è fritto il soglio.
 Aut Caesar aut nihil.
 Non mi posso veder compagni intorno
 che senza il merto mio
 vogliano comandar come fo io.
740Ecco Giacinto, o deve
 seguir il mio dissegno
 o sarà il primo a sostener mio sdegno.
 GIACINTO
 Cintia, mio amor, mio nume,
 suora di Citerea,
745mia sovrana, mia dea,
 eccomi tutto vostro.
 Vi domando perdono e a voi mi prostro.
 CINTIA
 E ben siete pentito
 d’avermi disgustata?
 GIACINTO
750Mia bellezza adorata,
 tanto pentimmi e tanto
 ch’ho lavata la colpa in mar di pianto.
 CINTIA
 Mi amate voi?
 GIACINTO
                              Vi adoro.
 CINTIA
 Siete mio?
 GIACINTO
                       Vostro sono.
 CINTIA
755Ogni errore passato io vi perdono.
 GIACINTO
 Oh cara! Oh me contento!
 Balzar il cor per il piacer mi sento.
 CINTIA
 Ditemi, come state
 di coraggio e bravura?
 GIACINTO
760La gran madre natura
 m’ha fatto l’alto onore
 di donarmi un bel volto ed un gran core.
 CINTIA
 Mi piace il paragone.
 (S’è bravo com’è bel, sarà un poltrone).
 GIACINTO
765Su, parlate, esponete,
 comandate, imponete,
 armato a’ vostri cenni il braccio mio
 svenerà, se fia d’uopo, il cieco dio.
 CINTIA
 L’impresa che a voi chiedo
770difficile non è.
 GIACINTO
                              Nulla è difficile
 a un cuor ch’è tutto facile.
 CINTIA
 Prendete questa spada.
 GIACINTO
                                             Ecco l’accetto;
 mi passerò, se lo bramate, il petto.
 CINTIA
 Or di sangue virile io non ho sete.
775Voi uccider dovete
 in questa città nostra
 cento donne e non più, per parte vostra.
 GIACINTO
 Come! Donne svenar?
 CINTIA
                                           Se ciò farete,
 mio sposo alfin sarete
780e meco regnerete; e quando mai
 ricusaste obbedir il mio precetto,
 vi passerò con questa spada il petto.
 GIACINTO
 Ah signora, signora,
 per dirla, non vorrei morire ancora.
 CINTIA
785Dunque che risolvete?
 GIACINTO
 Ci penserò.
 CINTIA
                        Dovete
 risolver tosto. O delle donne il sangue
 o rimaner per le mie mani esangue.
 GIACINTO
 Più tosto che morire,
790con pena io vi rispondo,
 tutte le donne amazzerò del mondo.
 CINTIA
 Badate a non tradir.
 GIACINTO
                                        Ve n’assicuro.
 CINTIA
 Giurate.
 GIACINTO
                   Sulla mia beltà lo giuro.
 CINTIA
 Se sarete fedele,
795se voi m’obbedirete,
 credete a me, non ve ne pentirete.
 
    Che cosa son le donne,
 più o meno, già si sa.
 Ma un certo non so che
800mi par d’aver in me
 che più vi piacerà
 e questa è la mia fede,
 la mia sincerità.
 
    La grazia e la bellezza
805si puol equiparar
 ma quel che più s’apprezza,
 che stentasi a trovar,
 è un cuore come il mio
 che fingere non sa.
 
 SCENA IX
 
 GIACINTO, poi AURORA
 
 GIACINTO
810Esser dovrò crudele,
 per piacer al mio ben? Sì sì, si faccia,
 si svenino, si uccidano
 queste nemiche femmine.
 Ma piano per mia fé;
815se uccidessero poi le donne me?
 Vorrei e non vorrei.
 Sono fra il sì ed il no.
 Penserò, studierò, risolverò.
 AURORA
 (Come? Giacinto armato?)
 GIACINTO
820(Ecco la prima a cui
 dovrò ferir il seno,
 ah! che se la rimiro io vengo meno).
 AURORA
 (Parla fra sé. Pavento
 di qualche tradimento).
 GIACINTO
825(Orsù, vi vuol coraggio;
 con un colpo improviso
 l’ucciderò senza mirarla in viso).
 AURORA
 Giacinto.
 GIACINTO
                    (Ah bella voce!)
 AURORA
 Che fate voi?
 GIACINTO
                           Non so.
 AURORA
830Mi volete svenar?
 GIACINTO
                                   Signora no.
 AURORA
 Che fate di quel brando?
 GIACINTO
 Son un novello immitator d’Orlando.
 AURORA
 Datelo a me.
 GIACINTO
                          Non posso.
 AURORA
                                                E perché mai?
 GIACINTO
 Perché... Nol posso dir... perché giurai.
 AURORA
835Ah crudele, ah spietato,
 ah sconoscente, ingrato!
 Vi conosco, v’intendo.
 Forse di Cintia per gradir l’affetto
 mi volete cacciar la spada in petto.
 GIACINTO
840Oh dio!
 AURORA
                  Via traditore,
 se avete tanto core,
 trafiggetemi pure; eccovi il seno.
 GIACINTO
 Ahi che non posso più; già vengo meno. (Gli cade la spada di mano)
 AURORA
 Or questa spada è mia. (La prende)
 GIACINTO
845Pietà per cortesia.
 AURORA
 Cosa meritereste!
 GIACINTO
 Chiedo la vita in dono.
 AURORA
 Caro il mio Giacintino, io vi perdono.
 Basta sol che mi dite
850chi vi diè questa spada ed a qual fine.
 GIACINTO
 Nol posso dire.
 AURORA
                              Ingrato.
 Io vi dono la vita
 e un leggiero favor voi mi negate?
 Voi volete che io mora.
 GIACINTO
                                            Ah no, fermate.
855Tutto, tutto dirò; Cintia volea...
 AURORA
 Basta così; la rea
 Cintia sola sarà, voi tutto amore
 siete bello di volto e bel di core.
 GIACINTO
 Ah non merto da voi
860della vostra bontà sì belli effetti,
 io son mortificato.
 Sono... Non lo so dir. Son incantato.
 
    Al bello delle femmine
 resistere chi può?
865Io non lo posso no.
 Mi sento il sangue movere;
 mi sento il core struggere;
 mi si conquassa il solido;
 mi bolle tutto l’umido,
870resistere non so.
 
    Le tigri barbare,
 gl’orsi fierissimi
 si arrenderebbero
 quando vedessero
875quel volto amabile
 che senza strepito
 mi disarmò.
 
 SCENA X
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
 Dunque Cintia garbata,
 superba, indiavolata,
880per desio di regnar volea bel bello
 delle misere donne far macello?
 L’invidia, l’ambizione e l’avarizia
 faran precipitare il nostro regno;
 e abbiam per sostenerlo poco ingegno.
885Ma, giacch’ella volea
 questa spada mirar nel seno mio,
 voglio provar anch’io di far lo stesso.
 La vendetta è commune al nostro sesso.
 Ecco il mio Graziosino;
890ei che m’ama davvero
 sarà l’essecutor del mio pensiero.
 GRAZIOSINO
 Ma io, Aurora cara,
 ma io non posso più; se spesso spesso
 io non vi vederò,
895credetemi, davvero io creperò.
 AURORA
 Eh Graziosino mio, siamo traditi.
 Vedete questa spada?
 GRAZIOSINO
                                           Sì, la vedo. (Con timore)
 AURORA
 Questa spada dovea passarmi il petto
 ma il ciel benigno e pio
900serbato ha il viver mio da tal disgrazia.
 GRAZIOSINO
 Signora mia, con vostra buona grazia. (In atto di partire)
 AURORA
 Come! Voi mi lasciate?
 GRAZIOSINO
 Vi dirò; perdonate.
 Allorch’io sento favellar di morte,
905il cuor mi batte in seno forte forte.
 AURORA
 Ah misera ch’io sono!
 Amo un ingrato che per me non sente
 né timor né pietà. Cintia ha trovato
 chi volea secondar il suo dissegno;
910ed io di giusto sdegno
 accesa vanamente e invendicata
 rimanere dovrò? Son disperata.
 GRAZIOSINO
 Ma cosa dovrei far?
 AURORA
                                       Con questa spada
 passar a Cintia il petto.
 GRAZIOSINO
915E non altro?
 AURORA
                          Non altro.
 Alfin non è gran cosa,
 per un uomo, ammazzar femmina imbelle.
 GRAZIOSINO
 Queste, lo dico anch’io, son bagatelle.
 AURORA
 Dunque avete risoluto?
 GRAZIOSINO
                                             Non lo so.
 AURORA
920Risolvere convien.
 GRAZIOSINO
                                    Risolverò.
 AURORA
 Perché non accettate
 questo impegno a dritura?
 GRAZIOSINO
 Perché, a dirvela, ho un poco di paura.
 AURORA
 Paura d’una donna?
 GRAZIOSINO
                                        L’ho provata;
925e so cos’è la femmina arrabbiata.
 AURORA
 Dunque se non volete,
 pazienza vi vorrà. Cercar dovrò
 uno che non mi sappia dir di no.
 GRAZIOSINO
 Cara, venite qui.
930Anch’io dirò di sì.
 AURORA
 Ma lo farete poi?
 GRAZIOSINO
 Tutto farò quel che volete voi.
 AURORA
 Tenete questa spada.
 GRAZIOSINO
                                         Sì, la tengo.
 AURORA
 E quando Cintia viene...
 GRAZIOSINO
                                               E quando viene?
 AURORA
935Cacciargliela nel seno...
 GRAZIOSINO
                                             Bene, bene.
 AURORA
 Lo farete?
 GRAZIOSINO
                      Il farò.
 AURORA
 E poi m’ingannerete.
 GRAZIOSINO
                                          Gnora no.
 AURORA
 Averete coraggio?
 GRAZIOSINO
                                    Come un Marte.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino.
940Voi sarete il mio Marte.
 GRAZIOSINO
                                              Anzi Martino.
 AURORA
 
    Quando vien la mia nemica
 dite tosto: «Ah! Che t’uccido».
 Così fece il dio Cupido
 che per voi mi ferì il cor.
 
945   Se pietà per lei provate,
 rammentate l’amor mio;
 e pensate che son io
 che vi desta in sen furor.
 
 SCENA XI
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Son in un bell’imbroglio;
950non so cosa mi far. Se vil mi rendo,
 la mia diletta offendo;
 e se mostro bravura
 la mia poltroneria scopro a drittura.
 Ma qui vi vuol coraggio.
955Finalmente una donna
 non mi puol far timore.
 Graziosin, ora è tempo, animo e core.
 
    Son di coraggio armato,
 tutto son furibondo
960e venga tutto il mondo,
 ch’io lo trafiggerò.
 Ma se la donna bella
 pietosa mi favella?
 Io non l’ascolterò.
 
965   E s’ella mi minaccia?
 Timore non avrò.
 E se mi dà in la faccia?
 Allor me n’anderò.
 Io mostrerò bravura
970sintanto che potrò.
 Ma quando avrò paura
 allora fuggirò.
 
 SCENA XII
 
 CINTIA e GIACINTO, poi AURORA e GRAZIOSINO
 
 CINTIA
 Dov’è, dov’è la spada?
 GIACINTO
 Signora, per pietà...
 CINTIA
                                       Perfido, indegno,
975proverete il mio sdegno.
 GIACINTO
                                               Sì, uccidetemi;
 morirò, se la morte mia bramate.
 Ma a me la crudeltà non comandate.
 CINTIA
 Dov’è la spada mia?
 GIACINTO
 Io l’ho gettata via.
 CINTIA
                                    Per qual raggione?
 GIACINTO
980Perché mi fan le donne compassione.
 CINTIA
 
    È questa la promessa
 che voi faceste a me?
 
 GIACINTO
 
    Questo mio cor professa
 a voi costanza e fé.
 
 CINTIA
 
985   Ma dov’è la mia spada?
 
 GIACINTO
 
 Ahi che crudel commando!
 Rendete a me quel brando
 che non avete cor.
 
 CINTIA
 
    Andate ch’io vi mando
990ma ben di tutto cor. (Escano di lontano Aurora e Graziosino con la spada in mano)
 
 AURORA
 
    Ecco la mia nemica.
 
 GRAZIOSINO
 
 (Son qui pien di valor).
 
 AURORA
 
 Non fate che più il dica.
 
 GRAZIOSINO
 
 (Ah! Che mi trema il cor).
 
 CINTIA
 
995   Mendace.
 
 GIACINTO
 
                        Fermate.
 
 AURORA
 
 (Via, presto). (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                             (Aspettate). (Ad Aurora)
 
 CINTIA
 
 Ciarlone.
 
 GIACINTO
 
                    Pietà.
 
 AURORA
 
 Poltrone.
 
 GRAZIOSINO
 
                    Son qua.
 
 A QUATTRO
 
    Mi sento nel petto
1000dispetto e furor.
 
 AURORA
 
    Feritela. (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                       Ah! (Tira un colpo a Cintia)
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi. (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                         Ah! (Tira un altro colpo)
 
 CINTIA
 
 Giacinto, pietà.
 
 GIACINTO
 
    Qual sdegno, qual ira,
1005qual furia v’inspira?
 
 CINTIA
 
 Che cosa ho fatt’io?
 
 AURORA
 
 Feritela.
 
 GRAZIOSINO
 
                   Ah!
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi.
 
 GRAZIOSINO
 
                        Ah!
 
 CINTIA
 
    Tu sei un’indegna.
 
 AURORA
 
1010Sei tu maledetta.
 
 A DUE
 
 Vendetta, vendetta
 vuo’ contro di te.
 
 AURORA
 
 Feritela.
 
 GRAZIOSINO
 
                   Ah!
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi.
 
 GRAZIOSINO
 
                        Ah!
 
 CINTIA
 
1015Ah perfido!
 
 GRAZIOSINO
 
                         Ah!
 
 AURORA
 
    A tempo migliore
 vendetta farò.
 
 A QUATTRO
 
    Fermate, sentite.
 Frenarmi non so.
 
1020   Vendetta, vendetta,
 vendetta farò.
 
 Fine dell’atto secondo